Simboli Femminili

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Statua che riproduce la dea Frejya sul ponte Djurgårdsbron nella città di Stoccolma.
Dea appartenente, con il fratello Freyr, alla stirpe dei Vani, distinta da quella degli Asi, alla quale appartengono i principali dei del mondo germanico. I Vani, il cui nome è connesso alla radice indo-europea *wen-, “tendere, desiderare, amare”, da cui deriva anche il termine latino Venus, erano soprattutto dei della fecondità e depositari di una conoscenza magica che consentiva loro di prevedere il futuro. Il conflitto che oppose gli Asi ai Vani alle origini del mondo si configura come la lotta fra due principi cosmici, i poteri della terra (rappresentata dai Vani) e quelli del cielo (impersonati dagli Asi). Freyja, il cui nome significa “Signora”, venne accolta fra gli stessi Asi poiché portò loro la conoscenza delle arti magiche, il seiðr, un genere speciale di arte magica che consentiva alla dea di vedere nel futuro e di danneggiare le persone che le erano ostili, e che sembra implicare una sorta di possessione spiritica. La sua dimora si chiamava Folkvangr, “campo del popolo” o “campo di battaglia”, poiché in essa la dea accoglieva ogni giorno metà dei caduti in battaglia, mentre l’altra metà spettava a Odino. Ma oltre a questa connessione con il mondo guerriero e con la morte, Freyja è soprattutto connessa con la fecondità, con l’amore e il desiderio sessuale, mostrando come esistesse, nel pensiero degli antichi Germani, una stretta correlazione fra questi due aspetti della realtà. Veniva infatti associata ad animali caratterizzati da prolificità e intensa attività sessuale, come le capre, il cinghiale e le cagne. Ma i suoi animali preferiti erano i gatti (due dei quali trainavano il suo carro), soprattutto a causa delle qualità magiche che venivano loro attribuite. Tuttavia, il loro ruolo ricorda anche quello dei leoni che erano associati alle grandi divinità femminili dell’Asia Minore, come Cibele, e ne accentuano la funzione di dea della fertilità. Uno dei suoi nomi era infatti Gefn, che deriva dalla radice del verbo “dare, donare”, con riferimento alla sua qualità di generosa dispensatrice di ricchezza, di fecondità e di benessere (Polomé-Rowe 2005). Come dea della vegetazione e della vita era anche invocata dalle partorienti. Nella mitologia Freyja è spesso ambita dai giganti. Il gigante Thrym, dopo essersi impadronito del martello di Thor, chiede la dea Freyja in sposa come unica condizione per restituire l’oggetto. È invece lo stesso Thor a recarsi dal gigante, travestito da sposa, e a ucciderlo appena impossessatosi nuovamente del suo invincibile martello. Il tentativo da parte dei giganti di sottrarre Frejya al mondo divino potrebbe essere interpretato come la possibilità che la dea non sia in grado per un certo periodo di esercitare la sua funzione di dispensatrice di fertilità. Il racconto sembra voler indicare come la dea della fecondità, caduta, durante l’inverno, in potere dei demoni, rappresentati dai giganti che vivono nel mondo di ghiaccio, possa essere poi recuperata a beneficio del mondo degli uomini con l’arrivo della bella stagione (Mastrelli 1971).

[Immagine: http://en.wikipedia.org/wiki/Djurg%C3%A5rdsbron]