Statua in legno di Auibra, sovrano della XIII dinastia (1760-1740 a.C.),
che raffigura il ka del defunto, conservata presso il Museo
Egizio del Cairo.
[Immagine: http://i-cias.com/e.o/ka.htm]
Il vocabolo ka (che nella scrittura egizia veniva rappresentato
attraverso la stilizzazione di due braccia sollevate con le mani rivolte
verso l'alto) sembra derivare da una radice che significa “generare”,
sarebbe dunque un principio vitale che accompagna la realizzazione,
tanto fisica che spirituale, della persona umana o divina. Il ka
è quell’elemento spirituale, invisibile, che caratterizza
l’uomo vivente e lo distingue dal cadavere (Bongioanni-Tosi 1997:
13). Secondo alcune interpretazioni, il concetto di ka era
originariamente associato alla placenta, che veniva interpretata come
il gemello del nuovo nato, e venne successivamente rappresentato come
personificazione del principio vitale (Redford 2001, vol.2: 215). Il
ka è una particella dello spirito universale, è
simile al corpo, è la “forma” apparente del corpo
e il suo principio vitale. L’uomo come individuo è essenzialmente
il ba, ma affinché il ba sussista non si deve separare dal ka,
che ha animato il corpo. Il culto funerario degli Egizi consiste nell’assicurare
al ba la sua sopravvivenza, mantenendo la sua unione con il
ka, cioè con il principio immortale del suo essere (Bongioanni-Tosi
1991: 108). Mentre il ba è un elemento interamente personale,
si identifica con il defunto stesso sotto un aspetto particolare, il
ka non è individualizzato e rappresenta una forza interna
all’uomo, un elemento divino che si ritrova in ogni essere umano
(Bongioanni-Tosi 1997: 40-41).