Simboli Femminili

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Statua di Persefone ritrovata a Taranto, risalente al 480-460 a.C., esposta al Pergamon Museum di Berlino. Persefone, figlia di Demetra e di Zeus, era chiamata anche Kore (“Fanciulla”) ed era la Signora del mondo dei morti. Secondo l’Inno omerico a Demetra, la fanciulla venne rapita dal dio del mondo sotterraneo, Ade, per farne la sua sposa. La madre, in preda alla disperazione per la scomparsa della figlia, causò l’inaridimento dei raccolti, minacciando la sopravvivenza dell’umanità. Zeus dovette intervenire inviando il dio Ermes per ricondurre Persefone da sua madre; Ade accondiscese, ma le fece mangiare un seme del melograno vincolando in tal modo la fanciulla a ritornare periodicamente come sua sposa e signora del mondo sotterraneo. Persefone potè quindi trascorrere due terzi dell’anno con la madre e un terzo con il marito nel mondo dei morti. L’Inno a Demetra colloca il ritorno di Persefone dal mondo sotterraneo in corrispondenza con lo spuntare dei fiori a primavera (v. 401-403), il che farebbe pensare che il periodo di reclusione della dea corrispondesse all’inverno. Altri dati, tuttavia, come: a) il fatto che il rapimento della fanciulla avvenga mentre questa raccoglie fiori primaverili; b) che la riunione di Demetra e Persefone venisse solennizzata in autunno, al tempo della semina; c) che nelle feste di Eleusi si celebrasse l’epifania, ovvero il ritorno, di Persefone nel mese di Boedromione (settembre-ottobre), sono elementi che farebbero propendere per l’identificazione del periodo di allontanamento della fanciulla con i mesi estivi. È probabile che l’Inno abbia combinato insieme due concezioni originariamente distinte: la nozione di un ciclo stagionale generale della vegetazione, che sembra languire e “morire” in inverno per rinascere con la fioritura della primavera, che si lega alla figura di Persefone e al mondo dei morti, inteso come fonte dell’energia vitale e della periodica rigenerazione della vita; una seconda nozione, più specificamente connessa al ciclo della coltivazione dei cereali, personificati da Demetra, che “muoiono” all’epoca della mietitura, lasciando i campi vuoti e inariditi durante l’estate. A supporto di questa interpretazione va ricordato che nei poemi omerici Persefone non è mai dichiarata figlia di Demetra e che in molte città della Grecia la dea del mondo sotterraneo era venerata con un culto indipendente da quello di Demetra (Cassola 1994, p. 24).
La presenza della melagrana, con il seme della quale Ade lega a sé Persefone, è giustificata dal fatto che il frutto era connesso a un simbolismo di fecondità, probabilmente a causa sia della presenza dei numerosi semi sia del colore rosso della polpa. Se la melagrana contiene in sé vari significati - ossia il richiamo alla fertilità degli uomini e dei raccolti, alla funzione materna e al mondo dei morti in quanto”cibo degli inferi”- è interessante evidenziare come questo simbolo esprima la stretta contiguità tra la morte e l’energia vitale, dove per morte sembra intendersi un processo di trasformazione volto alla creazione di nuova vita. Inoltre, la melagrana non era attributo solo di Persefone, ma anche della stessa Demetra: a Selinunte, in Sicilia, sorgeva un tempio dedicato a Demetra Malophoros (“portatrice di pomi”), dove gli scavi hanno portato alla luce un gran numero di statuette votive in terracotta raffiguranti la dea che tiene in mano una melagrana (Price 2002: p. 68-70). In epoca cristiana la melagrana divenne un attributo della Madonna, come evidenziato nelle raffigurazioni pittoriche dell’arte toscana e umbra del Trecento e del Quattrocento e di cui rimane testimonianza nel Santuario della Madonna del Granato a Capaccio vecchia (prov. di Salerno) (Cosi, 2005).

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Immagine: http://en.wikipedia.org/wiki/Persephone]