Particolare di vaso da vino proveniente da Vulci (VT), risalente al
510 a.C. e conservato al British Museum. La scena dipinta raffigura
Medea mentre estrae un ariete dal calderone. Medea era la figlia del
re della Colchide, un paese posto agli estremi confini del mondo conosciuto.
Qui si reca Giasone, con i suoi compagni imbarcati sulla nave Argo,
per impadronirsi del Vello d’Oro. Medea innamoratasi dell’eroe
lo aiutò con le sue arti magiche ad ottenere il suo scopo e ritornò
con lui in Grecia. Durante la sua relazione con Giasone Medea ebbe modo
di dimostrare le sue abilità nell’uso di incantesimi e
farmaci, facendo ringiovanire il padre di Giasone e dimostrando di poter
riportare in vita un ariete smembrato e fatto bollire in un calderone.
La storia di Medea, nella redazione di Euripide, si conclude in modo
tragico, con la morte inferta dalle sue stesse mani ai figli che gli
erano stati sottratti per sempre da Giasone, dal quale era stata ripudiata
in quanto proveniente da un paese barbaro. Dolore, amore e vendetta
si mescolano dando origine ad una furia selvaggia, che finisce per travolgere
ogni suo affetto. Dopo l’eccidio, Medea scompare su un carro trainato
da serpenti alati, inviato dal Sole, divinità alla cui discendenza
la maga, come anche Circe, apparteneva. La figura di Medea, in quanto
proveniente da un mondo estraneo alla civiltà e alla cultura
ellenica, incarna l’ambiguità dello straniero che al tempo
stesso seduce e affascina per i suoi poteri e inquieta per gli aspetti
selvaggi e incontrollabili della sua natura.
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