Frammento di stele votiva risalente al 510 a.C. ed esposto al Museo
dell’Acropoli di Atene. La scena raffigura il dio Ermes che guida
un corteo di Ninfe. Queste divinità minori presiedevano ogni
elemento della natura. Vi erano infatti le Ninfe del mare, le Naiadi
che si manifestavano in fiumi, fonti e ruscelli, le Oreadi che eleggevano
a propria dimora le grotte e le montagne, le Driadi che abitavano gli
alberi, le Napee che vivevano in anfratti e dirupi. Legate all’ispirazione
poetica e alla follia, le Ninfe erano solitamente oggetto di culti popolari
locali, che per lo più si svolgevano nelle grotte o in spazi
aperti. La presenza di queste entità divine riflette la rappresentazione
di una natura personificata e vivente, benevola nei confronti dell’uomo,
ma anche potenzialmente pericolosa e inquietante, concezione che risale
probabilmente alle fasi più antiche della storia greca.
La presenza di Ermes con le Ninfe si giustifica, non solo dal fatto
che il dio stesso è figlio di una Ninfa, Maia, che viveva in
una grotta sul monte Cillene, ma soprattutto dal suo legame con la pastorizia,
attività che si svolgeva negli spazi che si trovano ai confini
tra i terreni coltivati e le regioni selvose e montane. In questi territori,
i pastori offrivano sacrifici contemporaneamente a Ermes e alle Ninfe
(Simonide, framm. 18 Diehl; Cassola 1994, p. 153).
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