Pittura parietale nella Catacomba di Santa Commodilla, a Roma, databile
al 528 circa. Si tratta di una delle più antiche raffigurazioni
della Vergine Maria, rappresentata in trono con il Bambino Gesù
in braccio e affiancata dai Santi Felice e Damiano.
Il culto di Maria Vergine si è sviluppato nei primi secoli della
Cristianità soprattutto in Oriente, dove le venne attribuito
il titolo di Theotokos, “Generatrice di Dio”, che venne
accolto anche nel Cristianesimo occidentale, con gli appellativi di
Dei genitrix e di Mater Dei (“Madre di Dio”). La figura
di Maria è sempre stata molto importante per la religiosità
popolare, anche per le numerose esperienze estatiche e visionarie che
venivano interpretate come sue manifestazioni.
Dal punto di vista dei culti popolari, è indubbio che la figura
della Vergine si è sovrapposta a quella delle grandi divinità
femminili del Mediterraneo: Cibele, Demetra, Persefone. A quest’ultima
e a Demetra si avvicina per i suoi caratteri di divinità ctonia
e di Mater dolorosa, ad Artemide e ad Atena per certi aspetti legati
alla verginità e ad alcuni tratti “notturni” e perfino
“guerrieri”: la Vergine compare infatti spesso come protettrice
delle città, che dà forza agli eserciti e assicura la
vittoria. A Hera e a Iside si può paragonare per la sovranità
e maternità, a Ishtar e a Venere per il legame con l’amore,
sia pure fortemente spiritualizzato e divinizzato. I caratteri ctoni
e acquei di molti culti locali della Madonna hanno fatto pensare a una
continuazione sotto spoglie cristiane dei culti misterici e femminili
dell’antichità (Cardini 1995, p. 133).
[Immagine: http://www.archart.it/mostre/mostra-Romana-Pictura/foto-pittura_romana081.html]