Icona della Chiesa ortodossa, realizzata nel XVI secolo e conservata
presso il Museo Bizantino e Cristiano di Atene. L’immagine rappresenta
Cristo come la “Vite Vera”
(Giovanni, 15,1-5) seduto tra i rami e attorniato dagli Apostoli.
Il vino e la vite sono elementi ricorrenti nell’Antico Testamento,
dove Noè viene descritto come il primo coltivatore di vite. Simbolo
di prosperità e della benevolenza di Dio, questo elemento viene
ripreso con forza nei Vangeli. Il primo miracolo di Gesù consiste
nel mutare l’acqua in vino durante le nozze di Cana, mentre il
culmine dell’identificazione di Gesù con il vino compare
nell’episodio dell’Ultima Cena, dove Cristo stabilisce un
diretto rapporto tra il vino e il proprio sangue con le parole: “questo
è il mio sangue dell’alleanza, versato per molti, in remissione
dei peccati. Io vi dico che da ora non berrò più di questo
frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò di nuovo con
voi nel regno del Padre mio” (Matteo, 26, 28-29). È
difficile tuttavia non vedere una analogia con il dio greco Dioniso,
che non solo era signore della coltivazione della vite e si manifestava
attraverso l’ebbrezza prodotta dal vino, ma veniva anche rappresentato
in forma dendromorfa, in particolare come un albero di vite.
Sembra dunque che Dioniso fosse portatore di una sorta di fluido vitale,
di energia foriera di euforia e gioia di vivere, che trova manifestazione
nel crescere e fruttificare della vegetazione, nell’entusiasmo
del culto di possessione. La figura di Gesù sembra ereditare
una parte di questo simbolismo, che tende a escludere gli aspetti più
legati alla dimensione estatica ed euforica, per preservare il legame
con la forza vivificante che si manifesta nel tralcio di vite.
[Immagine: http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Christ_the_True_Vine_icon_
%28Athens,_16th_century%29.jpg]