Le
Feste di Gennaio: Calende,
Agonalia, Compitalia, Carmentalia, Feriae sementivae
Testa
in terracotta del dio Giano proveniente da Vulci (VI sec. a.C.) conservata
presso il Museo Nazionale di Villa Giulia, Roma. Giano (Ianus) era il
dio degli inizi, dei passaggi e dal suo nome derivava quello del primo
mese del calendario romano, Ianuarius. Essendo la divinità che
sovrintendeva a tutti gli inizi, “potestatem omnium initiorum”
(Agostino, Città di Dio,VII, 3), a Giano erano dedicate
tutte le calende (il primo giorno del mese) e veniva invocato per primo
in ogni cerimonia. Il mese dedicato a Giano diventava così la
porta dell’anno (ianua), che guarda nelle due direzioni,
il vecchio anno e il nuovo, così come il dio veniva raffigurato
come Bifrons o Biceps, con due volti o con due teste rivolte in direzioni
opposte. Il tempo di Giano è anche quello di un ordine non ancora
stabilito, che caratterizza il momento delle origini. Si riteneva infatti
che Giano avesse regnato in età antichissima nella località
dove sarebbe poi sorta Roma, in particolare sul Colle Gianicolo, che
da lui prende il nome.
Le calende di gennaio erano, secondo Giovanni Lido (VI secolo d.C.),
la festa romana più importante. Il primo gennaio entravano infatti
in carica i nuovi consoli, il cui primo atto era di offrire il sacrificio
di un vitello a Giove Ottimo Massimo sul Campidoglio. I consoli arrivavano
ammantati di bianco e montando cavalli bianchi, seguiti da un corteo
di pubblico vestito anch’esso di bianco. In questo giorno si scambiavano
gli auguri per il nuovo anno ed era uso anche scambiare dei doni augurali
(strenae). È curioso tuttavia osservare che questa festa
romana non contemplava l’astensione dal lavoro o la chiusura dei
tribunali, con cui a Roma si celebrava una giornata festiva. Questo
viene spiegato da Ovidio con le parole stesse di Giano: “consacrai
l’inizio dell’anno alle diverse attività, affinché
dall’auspicio non risultasse ozioso l’anno intero”
(Fasti, I, 167-168). Il nove gennaio si celebravano gli Agonalia,
il sacrificio di un ariete da parte del re-sacerdote (Rex Sacrorum),
che costituiva una sorta di rito di passaggio per il nuovo anno, propiziandone
la fertilità, in virtù delle qualità fecondanti
attribuite all’ariete, quindi della sua potenzialità di
“far nascere”, di dare inizio alla vita (Sabbatucci, 1988,
p.32). In gennaio si svolgevano anche, non in data fissa, i Compitalia,
le feste dei compita, i crocevia dedicate ai Lares Viales, i protettori
del territorio e quindi idealmente gli “antenati” degli
attuali abitatori. Alle idi (11-15 gennaio) si tenevano i Carmentalia,
rivolti a una dea minore, Carmenta, il cui nome derivava dai carmina,
termine con cui si designavano i vaticini. Carmenta era quindi la dea
che prediceva il futuro a chi nasceva, analoga alla Moira dei Greci.
La festa celebrava quindi il mese in cui “nasce” il nuovo
anno e se ne determina il destino. Infine si chiudeva il mese con le
Feriae Sementivae, sacrificio a Cerere e a Tellus per propiziare la
crescita delle piante appena seminate. Queste feste si svolgevano soprattutto
in campagna, nel pagus, e perciò venivano chiamate anche Paganalia.
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