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Mondo dei Morti |
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Affresco
dall’altare dedicato ai Lari (Lararium), nella casa di
Giulio Polibio a Pompei (I secolo d.C.). I Lari (Lares) erano
personificazioni mitico-rituali dei morti e degli antenati. Nel culto
domestico venivano venerati attorno al focolare, presso il quale venivano
depositate offerte in loro onore; la parola lar infatti designava
anche il focolare domestico, la dimora familiare. Nelle case delle famiglie
più importanti le immagini dei Lari erano conservate in un apposito
locale o spazio sacro denominato Lararium, una cappella o un’altare
presso il quale la famiglia consumava i pasti in occasione di feste
in onore dei defunti e che in queste occasioni venivano ornati e addobbati
sontuosamente. Il 22 febbraio si celebrava la festa ufficiale dei Caristia,
una ricorrenza riservata all’ambito familiare e che consisteva
in offerte rivolte ai Lari e in banchetti che rinsaldavano i legami
del gruppo familiare. Tale festività seguiva immediatamente ai
Parentalia, la festa dei morti che si teneva tra il 13 e il 21 febbraio.
L’immagine pompeiana raffigura un grande serpente che sale dal
sottosuolo e si stringe intorno all’altare presso cui hanno luogo
delle offerte votive in onore dei Lari. I morti potevano infatti manifestarsi
talora in forma di serpente, animale legato particolarmente al mondo
sotterraneo. Nel poema di Virgilio, Enea, dopo aver offerto una libazione
sulla tomba del padre Anchise, vede comparire un serpente che si ciba
delle offerte e poi ritorna strisciando sottoterra. L’eroe rimane
incerto se crederlo una manifestazione dello spirito protettore del
luogo (genius loci) oppure un messaggero del padre morto (Eneide,
V, 95). Elementi serpentiformi sono molto frequenti nell’iconografia
etrusca dei demoni guardiani del mondo dei morti.
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