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Selvaggi |
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Statua in marmo del dio Silvano, proveniente dai Bagni di Diocleziano,
III-IV secolo d.C., esposta presso il Museo Nazionale Romano, Roma.
Divinità molto antica, Silvano compare già presso gli
Etruschi, con il nome di Selvans, derivato dal latino selva
“foresta”. Inizialmente era una divinità dei boschi,
ed in seguito divenne anche protettore degli alberi piantati e coltivati
dall’uomo. Anticamente i Romani suddividevano infatti la terra
vicina agli insediamenti in due grandi regioni contigue: quella in cui
gli uomini erano padroni e quella in cui si sentivano estranei. Nella
prima presiedevano i Lari (dei protettori della casa) e nella seconda
alcune divinità, tra le quali Silvano e Fauno, che per funzioni
e attributi possono essere assimilate. Entrambe le zone non avevano
nulla a che vedere con le terrae incognitae che non destavano
alcun interesse presso i Romani. Si tratta dunque di terre facilmente
raggiungibili dall’uomo anche se non del tutto domestiche. Territori
che comprendono anche la campagna stessa al di là dei confini
delle terre coltivate. Luoghi in cui vivono creature che possono fecondare
i campi, moltiplicare il bestiame, offrire i pascoli estivi della montagna
boschiva (Dumézil, 1977). Ma quando la colonizzazione si appropria
di terreni prima incolti Silvano diviene il dio della cascina, delle
attività agricole, colui che concede la foresta agli animali
addomesticati. La sua funzione viene talvolta assimilata a quella di
Termine, protettore dei confini, tutor finium.
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