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Selvaggi |
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Statuetta in bronzo di Fauno, che riprende l’iconografia del dio
greco Pan, databile al I-II secolo d.C. e conservata presso la Sasson
Ancient Art Gallery, di Gerusalemme. Tra i Latini Fauno era considerato
divinità dei boschi, protettrice dei pastori e dell’agricoltura.
La tradizione narrava che Fauno fosse figlio di Picus, il re con virtù
profetiche trasformato in uccello dalla maga Circe, e padre di Latino,
il primo re del Lazio. Nell’Eneide (VII, 81-91) vengono descritte
le proprietà oracolari di Fauno, che veniva consultato in un
bosco, presso una cascata sacra dove “tremenda mefitide vapora
nell’ombra”. Il sacerdote, dopo aver offerto sacrifici,
si sdraiava sulle pelli degli animali sacrificati e si addormentava.
Durante il sonno vedeva volare strane ombre e ascoltava le voci degli
dei. Il nome di Fauno, infatti, sembra derivare dal verbo fari
(“parlare” in senso oracolare, pronunciare parole ispirate)
ed è inoltre etimologicamente correlato con fanum, che
indica un tempio, o un luogo sacro, e il suo territorio. Il dio era
perciò considerato l’ispiratore degli indovini estatici,
di coloro che agivano come se fossero posseduti da un dio, quello che
i Greci chiamavano “entusiasmo”. Questo tipo di “possessione”,
di invasamento da parte di una divinità veniva appunto ricercata
recandosi presso un luogo sacro nei boschi, un fanum, e coloro
che si dedicavano a queste pratiche erano chiamati “fanatici”
(Sabbatucci, 1988). Il comportamento di Fauno si caratterizzava quindi
come “selvaggio” e “folle”, contrapponendosi
al comportamento che nella quotidianità era considerato appropriato
per un cittadino romano: la compostezza e il pieno possesso delle facoltà
razionali. Così come gli spazi da lui abitati, i pascoli e le
foreste, si contrapponevano allo spazio urbano. Da questo punto di vista
la funzione di Fauno sembra molto simile a quella di Silvano, tanto
che secondo Dumézil, Silvano può essere considerato uno
degli aspetti di Fauno, silvicola Faunus (Virgilio, Eneide,
10, 551). Il passo citato, tuttavia, sembra riferirsi soltanto al fatto
che Fauno sia abitatore delle selve, senza alcuna esplicita menzione
di Silvano.
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