Trasformazioni Uomo-Animale

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Veduta del Monte Soratte nella valle del Tevere in provincia di Roma. Secondo la tradizione il luogo era frequentato da alcune famiglie sacerdotali della vicina città di Sora, che ogni anno vi celebravano un rito che consisteva nel camminare a piedi nudi su carboni ardenti. Costoro prendevano il nome di Hirpi Sorani, termine che, in lingua sabina, significa “i lupi di Sorano”. Quest’appellativo, secondo un racconto locale, traeva la sua origine dal verdetto pronunciato da un oracolo, che consigliava agli antenati di queste famiglie, per sfuggire ad una pestilenza, di condurre una vita di rapina e di razzie comportandosi come lupi selvaggi. Il passaggio sui carboni ardenti può essere interpretato come l’accesso al mondo dei morti, dal momento che il lupo assume, in alcuni monumenti etruschi, il significato di demone sotterraneo. I sacerdoti assumevano quindi il potere dei lupi e si identificavano con gli antenati che avevano fondato il rituale (Rissanen, 2012) . Tale culto era inoltre connesso con la dea Feronia, una divinità delle fonti e dei boschi, cui erano dedicate località aspre e selvagge. Sul Monte Soratte venivano venerati Marte e Sorano, quest’ultimo era una divinità selvaggia e guerriera la quale era simbolicamente associata, come lo stesso Marte, alla figura del lupo (Comba, 1992, pp. 272-74). Con l’avvento del Cristianesimo il monte ospitò numerosi eremi e rifugi monastici, tra i quali il più antico era attribuito a San Silvestro. Sembra scorgersi una continuità nel tempo nell’identificazione di un luogo montano e selvaggio come spazio in cui il mondo umano si incontra con il mondo animale e con quello divino. Il Sacro e il Selvaggio sembrano quindi essere due categorie, che fin dai tempi antichi, gli uomini hanno ritenuto coabitare sul Monte Soratte.

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Immagine: http://www.lenola.it/2013/06/22/granfondo-del-monte-soratte-ecco-il-percorso-nel-dettaglio/]